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Dante Alighieri
Dante Alighieri, il più grande poeta italiano di tutti i tempi, il Sommo Poeta, è universalmente noto per il suo capolavoro Divina Commedia, considerato uno dei più grandi poemi della letteratura mondiale. Suddivisa in tre libri – Inferno, Purgatorio e Paradiso – la Divina Commedia, oltre all'aspetto prettamente letterario, presenta una panoramica completa dei costumi, degli atteggiamenti, delle credenze, delle filosofie, delle aspirazioni e degli aspetti materiali del mondo medievale.
I più grandi artisti dominano e definiscono la loro epoca, anche se essi stessi ne sono definiti. Dante è un tale artista. Torreggia nel Medioevo come figura letteraria di riferimento, creando da credenze medievali un poema che da allora ha conquistato la nostra arte. Mentre la fede e la teologia di Dante possono deludere il lettore moderno, la pura maestà della visione e la fusione del pensiero umano e dell'esperienza nella poesia visionaria continua a deliziare e ispirare. Con Dante l'iperbole è inevitabile. Rimane una pietra di paragone per la civiltà occidentale.
La Divina Commedia è una delle opere letterarie più venerate e influenti della storia; forse la più grande poesia singola mai scritta. Secondo TS Eliot, lo stile di Dante è "la perfezione di un linguaggio comune", Dopo Shakespeare e Dante, "non c'è terzo". Con Dante abbiamo il senso della letteratura omerica, l'epopea dei valori di una cultura restituita all'italiano volgare che Dante legittimò nell'eredità poetica che trasmise a Shakespeare e al Rinascimento. Nessuno scrittore moderno sembra così centrale per il suo tempo come Dante lo è per il Medioevo. È la coscienza visionaria ed essenziale della sua epoca.
Sebbene le opere poetiche più importanti di Dante riguardino la vita privata dell'anima e il mondo al di là, comprendere la sua epoca e le forze che hanno plasmato il suo pensiero è essenziale per tracciarne lo sviluppo e l'unicità. Al centro della vita pubblica di Dante c'era la politica, il tumulto della sua città natale, Firenze: il conflitto tra il suo status di città-stato indipendente e repubblicana e il potere del Sacro Romano Impero e del papato.
Nell'Inferno, Dante, costruendo ex post, una stirpe epica, riferisce che i suoi antenati furono tra i primi romani a colonizzare Florencia, la Firenze romana. Fu educato per svolgere un ruolo importante nella vita pubblica e culturale fiorentina. Nella sua prima biografia di Dante, Boccaccio afferma che da giovane Dante studiò poesia, pittura e musica. Le sue prime poesie indicano che fu influenzato dalla poesia francese provenzale, dai classici conosciuti all'epoca e dalla poesia volgare italiana, che stava cominciando a fiorire.
Dopo aver preso parte alla battaglia di Campaldino dell'11 giugno 1289, come ci ha recentemente e magistralmente raccontato Alessandro Barbero, Dante ricoprì incarichi politici sempre più importanti fino a diventare uno dei principali magistrati di Firenze nel 1300. Cinque anni dopo, durante una missione diplomatica a Roma fu ingiustamente accusato di furto, multato e bandito per due anni. Ha affrontato una condanna a morte o l'esilio quando si è rifiutato di pagare la multa. Non ha mai più rivisto Firenze.
Trascorse i restanti anni viaggiando, dipendente da un susseguirsi di mecenati in varie città italiane, sperando in una rigenerazione politica della sua città, che non arrivò mai. Sebbene la sua poesia sia intensamente privata, centrata sul sé e sul redentore, la lotta politica del suo tempo si riflette nella sua arte. Costituisce il quadro sottostante per l'urgenza delle sue riflessioni morali e spirituali.
Sul piano personale e simbolico, il momento più importante della vita di Dante fu l'incontro, all'età di nove anni, con Beatrice Portinari, per la quale concepì una passione ideale che durò tutta la vita. Sebbene il contatto con Beatrice fosse quasi inesistente, la sua morte nel 1290 lo ispirò a scrivere La Vita Nuova. Questa autobiografia psicologica e spirituale mescola sonetti e odi con commenti in prosa per tracciare lo sviluppo del suo amore per Beatrice. L'opera, unica nella letteratura medievale, combina il lirico e il filosofico in una narrazione della crescita. Tra le altre importanti opere di Dante, ricordiamo il Convivio, significativo per l'uso della prosa italiana al posto del latino per serie riflessioni; il De Vulgari Eloquentia, che stabilisce obiettivi e mezzi per la realizzazione della letteratura volgare; e De Monarchia, le sue teorie politiche sul buon governo, che suggeriscono radicalmente la separazione tra Chiesa e Stato.
Dante divenne uno degli uomini più colti d'Europa, le cui riflessioni sul suo mondo e sulla sua erudizione furono riassunte nella monumentale Commedia, scritta tra il 1308 e il 1321 (il titolo Divino fu aggiunto nel XVI secolo). La portata del progetto di Dante era senza precedenti: drammatizzare in termini intensamente personali, in un unico poema, la cosmologia cristiana e le dottrine che hanno modellato la visione del mondo medievale.
La sua opera è chiamata "Commedia", riflettendo sia il processo del poema dal peccato alla redenzione sia lo stile di Dante, che differisce dalla grandiosità formale dell'epica e della tragedia. Scritto in un linguaggio diretto e colloquiale, il poema è abbastanza ampio da comprendere tutti gli aspetti dell'esperienza umana, il tragico e il comico, in un modo che ridefinisce l'epopea come un viaggio interiore e spirituale verso una piena comprensione di Dio e di Dio. 'universo.
Da un punto di vista letterario, il Medioevo fu un periodo di grande importanza per lo sviluppo dei generi letterari europei perché fu durante questo periodo che nacquero la maggior parte delle lingue dell'Europa occidentale, come lo spagnolo, il francese e l'italiano. l'evoluzione differenziata del latino in ogni area geografica. Alla fine dell'Alto Medioevo, tuttavia, l'emergere della letteratura nazionale si scontrò ancora con l'immenso prestigio del latino e lo splendore letterario dell'Antichità; le lingue sopra citate erano lingue “volgari”, valide solo per la comunicazione orale.
Nonostante la tendenza allegorica a vedere Dante nel poema come un uomo qualunque, il suo collegamento tra lo spirituale e il divino e il mondo riconoscibile è la fonte della grande forza del poema. Nel suo viaggio, guidato prima dallo spirito di Virgilio e poi da Beatrice, Dante si confronta con le questioni morali e umane essenziali del peccato e della fede in un potere più grande che ordina il destino umano al di là dell'individuo. La Commedia si estende al limite dell'immaginazione artistica catturata in una poesia che è essa stessa chiara, precisa, seria e sublime. Il genio strutturale di Dante, il suo sviluppo di uno stile poetico flessibile e capace di una grande varietà di effetti, e il suo porre l'esperienza umana al centro della poesia, contemplando le questioni essenziali dell'esistenza, hanno esercitato la loro influenza su tutta la letteratura successiva nel Ovest.
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Biografia
Dante (diminutivo di Durante) Alighieri era figlio del primo matrimonio dell'usuraio e mercante Bellincione d'Alighiero con Gabriella o Bella (probabilmente appartenente alla famiglia Abati). Aveva una sorella maggiore e, dopo la morte prematura della madre (intorno al 1270) e le nuove nozze del padre con Lapa di Chiarissimo Cialuffi, godette anche della compagnia di due fratellastri, Francesco e Gaetana.
Nacque a Firenze sotto il segno dei Gemelli, tra il 15 maggio e il 15 giugno 1265; Dante ne fece risalire la stirpe al trisavolo Cacciaguida, che sarebbe stato nobilitato da Corrado III e ucciso nella seconda crociata in Terrasanta nel 1147. Ma è più certo che appartenesse a una famiglia del nascente ceppo urbano borghesia, con poche proprietà dedite da qualche generazione al commercio. Infatti, sia il padre che il nonno, Bellincione, avevano fama di usurai.
Alla fine del XIII secolo, anno della nascita di Dante, Firenze perse il suo carattere di città liberale, fino ad allora sotto l'egida dei ghibellini (sostenitori del potere imperiale contro il papato). Inizia un periodo di sanguinose lotte con i guelfi, divisi in fazioni che, pur riconoscendo la loro sottomissione al papato, ingaggiano guerre tanto aperte quanto quelle che li oppongono al nemico comune. Secondo alcuni cronisti, il padre di Dante era stato ghibellino. Altri attribuiscono la famiglia ai guelfi. È certo, invece, che Dante apparteneva al partito guelfo e, al suo interno, alla fazione dei moderati “bianchi”.
La sua infanzia e giovinezza coincisero con gli anni più sereni che Firenze visse all'epoca, soprattutto fino all'ascesa di Bonifacio VIII al soglio di San Pietro nel 1295. Da allora Dante, che aveva già partecipato come soldato guelfo alla assedio di Poggio di Santa Cecilia contro gli aretini (1285) ed era stato cavaliere nella battaglia di Campaldino (11 giugno 1289), sempre contro i ghibellini, aderendo apertamente agli ideali politici guelfi di democrazia e indipendenza comunale.
Vita politica
Tra il 1295 e il 1302 la sua vita politica fu molto attiva, anche se si sa solo da fonti letterarie (le sue allusioni nella Divina Commedia), documenti o testimonianze non dirette. Entrato a far parte della corporazione dei medici e degli specialisti, dal 1295 al 1296, fu membro del Consiglio del Capitano del Popolo, rappresentante dell'autorità popolare parallelamente alla suprema autorità del podestà; da maggio a settembre 1296, dopo aver lasciato il suo precedente incarico, sedette nel Consiglio dei Cento (parlamento cittadino) e approvò leggi contro i magnati.
Con Bonifacio VIII papa, si intensificarono le lotte tra le varie fazioni guelfe; i “neri”, guidati dai Donati, famiglia di magnati, ottennero l'appoggio incondizionato del papa, e subito quella che era stata una faida interna fiorentina sfociò in un conflitto tra la città e il papato. I guelfi “bianchi”, guidati dai banchieri e mercanti Cerchi, furono sconfitti nel 1301, in un susseguirsi di drammatiche ripercussioni per Dante: in giugno, diede prova della sua contrarietà all'invio di cento uomini in aiuto di Bonifacio VIII nella sua guerra in Maremmana; in ottobre fu nominato ambasciatore presso il pontefice, e al suo arrivo a Roma fu da lui trattenuto in città. A novembre, mentre Dante era ancora (probabilmente) a Roma, Corso Donati, capo dei “neri”, entrò a Firenze e compì una terribile rappresaglia contro i “bianchi”. Seicento furono banditi e il poeta fu condannato a due anni di esilio e all'interdizione a vita dagli affari pubblici fiorentini.
Beatrice e la nuova vita
Nel 1274, a nove anni, Dante incontrò per la prima volta Beatrice, figlia del banchiere Folco Portinari. A diciotto anni la incontrò per la seconda volta; entrambi questi momenti sono ricordati nella Vita Nuova, un'opera molto originale della sua giovinezza, costituita da una raccolta di trentuno poesie legate da una prosa a metà strada tra il concettuale e l'autobiografico. La trama di lui copre diciotto anni dal primo incontro con Beatrice; i trentuno poemi costituiscono l'apice del Dolce stil nuovo (termine coniato dallo stesso Dante in un verso del Purgatorio), già praticato dal poeta Guido Guinizelli e da Guido Cavalcanti sotto la diretta influenza della poesia provenzale dei trovatori.
Secondo l'uso del tempo, quando il giovane poeta aveva undici anni, il suo matrimonio fu combinato con Gemma Donati, che sposò probabilmente tra il 1285 e il 1293, e dalla quale ebbe almeno quattro figli: Giovanni, Pietro, Jacopo e Antonia . Lei, quest'ultima, gli sopravvisse e, dopo la morte dell'illustre padre, entrò in convento col nome di suor Beatrice. Ma della vita familiare e coniugale di Dante si sa ben poco; invece il poeta ha registrato i dati fondamentali del suo vero spirito e della sua vita amorosa legata a Beatrice.
Non meno importanti degli incontri con Beatrice furono i rapporti intellettuali con l'umanista Brunetto Latini, tornato dall'esilio fiorentino nel 1266, e con il poeta e filosofo Guido Cavalcanti. Dal primo Dante apprese sia i segreti della retorica latina sia i piaceri della scrittura in lingua romanza; fu il Latini a fornirgli i modelli per le opere della sua giovinezza, come Il fiore (1295-1300), in cui Dante adattò il Roman de la Rose in versi italiani. La poesia romanza aveva solo cinquant'anni in Italia quando Guinizelli e Cavalcanti, sotto l'influsso un po' più lontano del pioniere Guittone d'Arezzo, fondarono la scuola dei fedeli d'amore, inventarono la figura della “donna angelica” (in cui il fisico bellezza e celestiale purezza si unirono) e diede forma alla grande opera italiana che sarebbe culminata in Dante e Petrarca. Da lì emerse l'immagine di Beatrice, che assumerà dimensioni teologiche e filosofiche impensabili nella Divina Commedia.
Si pensa che Beatrice Portinari sia morta dopo il parto nel 1290; quindi il matrimonio di Dante e la pubblicazione de La vita nuova sono post-fatti. Il poeta ha ricordato l'episodio in opera, annunciando al tempo stesso la successiva trasformazione poetica. Quando Beatrice morì, Dante si consolò con una visione in cui la sua amata appariva come parte della corte celeste, e il poeta riprese a parlare di Beatrice per dire ciò che non fu mai scritto di una donna. Quindici anni dopo, nella Divina Commedia, si rivelerà il significato poetico di questa promessa.
Tra il 1302 e il 1307 Dante inizia due opere della sua maturità: Il convivio e De vulgari eloquentia. La prima contiene alcuni temi fondamentali che svilupperà in seguito sui quattro significati della Scrittura, i due tipi di allegorie e la necessità dell'esistenza dell'impero. Il secondo è un manifesto scritto in latino sulla legittimità dell'uso del volgare, in cui difende il romanticismo per tutti gli stili, compreso l'alto o il tragico.
Si sa molto poco delle sue attività politiche e domestiche durante questi cinque anni. Nel 1303 Dante è a Forlì come consigliere di Scarpetta Ordelaffi, comandante dei “bianchi”, mentre l'anno successivo, dopo la sconfitta dei suoi sostenitori nella battaglia della Lastra (20 luglio), decide di separarsi dalla sua precedente fazione. Nel 1305 potrebbe aver vissuto a Bologna, ambiente privilegiato dal punto di vista intellettuale, dove continuò a redigere le due opere sopra citate e da dove fu espulso il 6 ottobre 1306, rifugiandosi prima in Lunigiana, sotto il protezione dei Malaspina; poi, nel 1307, in Casentino con il conte Guido di Battifolle (Conti Guidi); e infine, nel 1308 probabilmente a Lucca. Si suppone che Dante abbia iniziato a scrivere l'Inferno, la prima parte della Divina Commedia, mesi prima.
Nei primi anni del suo esilio, Dante meditò a lungo sulla questione del rapporto tra potere temporale e potere religioso; i primi risultati di queste meditazioni sono le due note lettere (del 1308 e del 1310), una delle quali è indirizzata “a tutti i re d'Italia, a tutti i signori della Città Santa, ai duchi, conti, marchesi e città” e l'altra ai “malvagi fiorentini che risiedono in città”; in questa seconda lettera, sostiene la sottomissione al potere imperiale. Ma il risultato finale di queste riflessioni fu il trattato Monarchia (1318). Affermò che il potere spirituale e temporale emanava direttamente da Dio, quindi l'impero e il papato erano autonomi.
Se accettiamo il 1318 come data di completamento del De monarquia, possiamo vedere che la sua gestazione è stata accompagnata dal progressivo irrigidirsi delle condizioni di esilio del suo autore. Nel 1302, dopo essere stato condannato all'esilio, un'altra sentenza lo condannò al rogo vivo se fosse tornato a Firenze; nel 1311 a lui non si applicò un'amnistia generale concessa ai guelfi “bianchi”; infine, nel 1315, fu condannato a morte per decapitazione in contumacia, quando rifiutò l'offerta di grazia a condizioni che riteneva disonorevoli.
La Divina Commedia
Rassegnatosi per non tornare a Firenze, nel 1318 lasciò Verona e raggiunse i figli a Ravenna; lì produsse due Egloghe in latino (composizioni in forma bucolica) e un trattato sulla questione dell'acqua e della terra. Gli ultimi anni della sua vita furono straordinariamente fecondi: nella dedicazione del Paradiso nella celebre lettera a Cangrande della Scala (1316), signore di Verona, Dante stabilì grandiosamente la portata della sua impareggiabile Commedia: “Il significato di quest'opera non è univoco , ma può essere chiamato polisemico, cioè di molti significati; infatti il primo significato è quello che viene dalla lettera, l'altro è quello che si ottiene dal significato attraverso la lettera”.
Come è noto, la “Commedia” è suddivisa in tre libri o canzoni: Inferno, scritto intorno al 1312; Purgatorio, intorno al 1315; Paradiso, tra il 1316 e il 1321). È composto da 14.233 versi endecasillabi in terza rima (terza dantesca o terzina incatenata), raggruppati in 100 canti, di cui uno è il prologo, per cui ciascuna delle tre parti o libri contiene 33 canti. La storia, ormai di dominio universale, narra il viaggio del poeta nei regni degli inferi, accompagnato dal poeta latino Virgilio. All'età di trentacinque anni Dante si ritrova perso nella selva oscura (la selva); da lì viene salvato da Virgilio, inviato dalla Vergine Maria, Santa Lucia e Beatrice. Entrambi scendono all'Inferno e percorrono i suoi nove cerchi; poi salgono sulla montagna del Purgatorio, e lì, all'ingresso del Paradiso, Virgilio lascia il posto a Beatrice, che lo conduce all'Empireo, dove per un momento il poeta gode della visione della divinità.
La “Commedia” deve il suo nome, secondo la conoscenza medievale, al suo “movimento ascendente”, cioè, dall'Inferno al Paradiso, c'è un lieto fine (altrimenti sarebbe una Tragedia): il soggetto è cupo e drammatico nel primo libro, ma speranzoso nel secondo e felice nel terzo; l'aggettivo “Divino”, con il quale è giunto fino a noi, è stato aggiunto dai posteri. Infatti, per il suo incommensurabile valore poetico, l'ambizione e la portata della sua visione filosofica, la bellezza e la precisione delle sue immagini e la perfezione del suo linguaggio, la Commedia è stata considerata il più grande poema della cristianità.
Quando terminò di scrivere il Paradiso, Dante era già certo che il suo bando da Firenze fosse definitivo: l'imposizione della condanna a morte del 1315, in seguito al suo rifiuto dell'amnistia, si estese anche ai suoi discendenti. Nel 1319, probabilmente, il poeta era al servizio del signore di Ravenna, Guido da Polenta, forse come segretario o precettore di retorica. All'inizio del 1321, il Doge di Venezia minacciò una spedizione punitiva contro Ravenna a causa di una disputa sullo sfruttamento di alcune miniere di sale al confine tra le due giurisdizioni, e Dante si recò a Venezia come ambasciatore di Ravenna per placare i veneziani. Il viaggio di andata e ritorno per Venezia, compiuto in piena estate, prima via terra e poi attraverso le lagune della costa adriatica, gli fu fatale: al suo ritorno a Ravenna, Dante si ammalò gravemente di malaria contratta durante le sue missioni. Morì tra il 13 e il 14 settembre 1321 e fu sepolto, tra solenni omaggi, nella Chiesa di San Francesco a Ravenna.
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